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7 febbraio 2009

Ode al cane, Pablo Neruda


A tutti quelli che conoscono cosa vuol dire camminare a sei zampe con una coda intrisa di rugiada...e in particolare ad Ari.






Il cane mi domanda e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda
senza parlare
e i suoi occhi son due domande umide,
due fiamme
liquide
interroganti
e non rispondo, non rispondo perchè non so
e niente posso dire.

In mezzo ai campi andiamo,
uomo e cane.

Luccicano le foglie come se qualcuno
le avesse baciate ad una ad una,
salgono dal suolo tutte le arance
a collocare piccoli planetari
in alberi rotondi
come la notte e verdi
e uomo e cane andiamo, fiutando il mondo,
scuotendo il trifoglio,
tra le limpide dita di settembre.
Il cane si arresta, corre dietro alle api,
salta l'acqua irrequieta,
ascolta lontanissimi latrati,
orina su una pietra
e porta la punta del suo muso a me,
come un regalo.
Tenera impertinenza per palesare affetto!
e fu a quel punto che mi chiese,
con gli occhi,
perchè ora è giorno, perchè verrà la notte,
perchè la primavera non portò nel suo cesto
nulla per cani vagabondi,
ma inutili fiori, fiori e ancora fiori.
questo mi chiede il cane, e non rispondo.

Andiamo avanti,
uomo e cane, appaiati dal mattino verde,
dall'eccitante vuota solitudine
in cui solo noi esistiamo,
questa coppia di un cane rugiadoso
e un poeta del bosco,
perchè non esistono
uccelli o fiori occulti,
ma profumi e gorgheggi
per due compagni:
un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,
un tunnel verde e poi una prateria,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che cammina,
respira,
cresce